I Titoli di Credito nel Diritto Europeo e Internazionale

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 14 Novembre 2015

Si avverte immediatamente che l’argomento dei titoli di credito in diritto internazionale privato implica considerazioni analitiche troppo vaste. L’obiettivo di questo articolo diviene allora quello di fornire gli spunti e le linee guida essenziali sul tema. Ergo, si cercherà di essere il più semplici e concisi possibile.

Di cosa stiamo parlando esattamente? Di quei documenti destinati alla circolazione e che attribuiscono a chi li possiede il diritto di ricevere una data prestazione: ad esempio, il pagamento di una somma, piuttosto che la consegna di una merce.

In quale macro-categoria ritroviamo i titoli di credito? Nelle norme sulla responsabilità extracontrattuale. Poi si intuisce facilmente che non abbiamo a che fare con esempi di fatto illecito, ma con istituti autonomi, benché peculiari.

Dove dobbiamo ricercare le norme che disciplinano i criteri di collegamento sui titoli di credito? Sappiamo che si parte dalla l. 218/95, ma inizialmente ignoriamo…dove si arriva. Di certo, occorre “lasciare da parte” i regolamenti dell’Unione europea più volte ripresi sin ora (Roma I e Roma II): dal campo di applicazione di questi atti i titoli di credito sono espressamente esclusi.
Legge 218/95, dunque. La norma di riferimento distingue tra due categorie di titoli di credito. Da un lato la cambiale, il vaglia cambiario e l’assegno; dall’atro, i cosiddetti “altri titoli di credito”.
Per i primi la legge applicabile sarà determinata dalle disposizioni di due apposite convenzioni internazionali: la Convenzione di Ginevra del 1930 sulle norme di conflitto per cambiali e vaglia cambiari e la Convenzione di Ginevra del 1931 sulle norme di conflitto per assegni bancari. I criteri che portano alla legge di questo o quello Stato sono numerosi e sono prodotti dal contemperamento di altrettante fattispecie attinenti alle materie trattate: pertanto, non si può che rinviare a queste due convenzioni, invitando il lettore a non confonderle con le omonime convenzioni adottate per regolare aspetti materiali dei suddetti titoli; queste ultime sono, in pratica, convenzioni che, in luogo di individuare il criterio di collegamento, dettano già di per sé la normativa da applicare alla situazione concreta.

Passiamo ai secondi, gli “altri titoli di credito”. Tra essi si possono includere, ad esempio, la lettera di vettura e la polizza di carico (già menzionate quando si è parlato dei contratti di trasporto), i titoli di investimento, i titoli obbligazionari, ecc. Una pletora di titoli diversi dai precedenti, che possono comunque essere riferiti alla definizione più usata di titoli di credito (v. sopra).

Per questi “altri titoli” il discorso è relativamente più semplice, almeno in questa sede. Invero, per alcuni di questi titoli esistono convenzioni internazionali “minori” rispetto alle Convenzioni di Ginevra del 1930 e 1931, ma se non vi sono i requisiti per applicarle (ad esempio, se l’Italia non ne fa parte), ci basta attenerci a ciò che comanda la l. 218/95: ci limitiamo all’esame delle disposizioni di rilievo della l. 218/95 per evidenti ragioni di comodo.

Per gli “altri titoli di credito” la disciplina applicabile sarà quella dello Stato di emissione: legge italiana per titolo emesso in Italia, che significa sottoporre alla legge italiana le vicende riguardanti tale titolo, indipendentemente dai paesi in cui si troverà ad essere usato. Dall’obbligazione principale, regolata, appunto, dalla legge dello Stato di emissione, vanno tuttavia separate le obbligazioni diverse che potrebbero originarsi a causa del titolo di credito: queste saranno disciplinate dalla legge dello Stato in cui sono state assunte.
Ecco che allora se la vertenza che mi riguarda ha ad oggetto il titolo in sé dovrò chiedermi: dove è stato emesso il titolo? Di converso, se la vertenza concerne un’obbligazione diversa, sebbene connessa al titolo, la domanda da porsi sarà: dove è sorta questa obbligazione diversa dalla principale (ad esempio, dove è avvenuta la sottoscrizione o dove si è compiuto il fatto che è all’origine del rapporto obbligatorio)?

Un’ultima nota. Per la materia delle obbligazioni extracontrattuali il rinvio sarebbe escluso (se la norma di riferimento mi rinvia alla disciplina sudcoreana, che a sua volta mi rinvia a quella guatemalteca, questo terzo passaggio non sarà più consentito e ci si dovrà fermare prima); ma per i titoli di credito il condizionale è d’obbligo. Dipende dalla fonte normativa che fissa il criterio di collegamento: se è necessario applicare una convenzione internazionale (ad esempio, una delle Convenzioni di Ginevra) e così facendo si incappa in un rinvio, il rinvio deve essere effettuato comunque; se non ci sono convenzioni da applicare, ma è sufficiente riferirsi alla disciplina della l. 218/95 che individua la legge del luogo in cui il titolo è stato emesso (stiamo parlando di quegli “altri titoli” rispetto ai quali non vi sono convenzioni da applicare), allora l’eventuale rinvio non potrà più essere eseguito.

In questa sezione pubblichiamo gli articoli sulla disciplina dell'Unione Europea in merito alle obbligazioni non contrattuali, sul regolamento 864/2007/CEE, sulla responsabilità da fatto illecito, sulla responsabilità per danno da prodotto, sulla responsabilità per concorrenza sleale e limitazione della concorrenza, sulla responsabilità per violazione della proprietà intellettuale, sulla responsabilità per danno ambientale, sulla responsabilità per danni da attività sindacale, sulla responsabilità precontrattuale, sulla responsabilità per incidenti da circolazione stradale, sulle obbligazioni nascenti dalla legge, sulla rappresentanza volontaria, sulla promessa unilaterale, sui titoli di credito.

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Nota: si precisa che gli articoli presenti su questo sito sono da considerarsi come un riassunto, a mero titolo informativo, della più ampia disciplina del diritto internazionale. Lo studio non si assume nessuna responsabilità per l’uso di tali informazioni. Gli articoli sono protetti dalla legge sul diritto d’autore.

La Promessa Unilaterale nel Diritto Internazionale ed Europeo

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 14 Novembre 2015

La promessa unilaterale determina il sorgere di un obbligo in capo al soggetto che la rende, il promittente, indipendentemente dall’accettazione di chi figura come beneficiario della dichiarazione. La promessa unilaterale emerge allora quale negozio unilaterale obbligatorio.

Questo rapporto obbligatorio di che tipo è?

Il diritto dell’Unione europea, che abbiamo evocato più volte, in questo caso è di scarso aiuto: né il reg. 593/08/CE (Roma I), né il reg. 864/07/CE (Roma II) includono espressamente la promessa unilaterale nell’ambito delle fonti di obbligazioni di natura contrattuale o extracontrattuale. Mancano, inoltre, convenzioni internazionali che siano degne di nota in materia.

Sarà quindi il nostro ordinamento a dirci di che tipo di responsabilità si tratta e quale debba essere la legge regolatrice della fattispecie. L’art. 58 l. 218/95 è collocato nel capo dedicato alla responsabilità extracontrattuale e prescrive senza indugio che la disciplina della promessa unilaterale avente profili di internazionalità deve essere affidata alla legge del luogo ove la promessa è stata manifestata. Insomma, il rapporto obbligatorio discendente da questa manifestazione della volontà non ha natura contrattuale, pur non sostanziandosi in una obbligazione da fatto illecito, e rimane regolato dall’ordinamento dello Stato in cui il promittente ha fatto la promessa.

Tutto apparentemente molto semplice, ma alcune precisazioni sono doverose.

Cosa si intende esattamente per “promesse unilaterali”? La domanda ha fondamento, perché se è vero che il nostro ordinamento di regola include all’interno di questa fattispecie tre ipotesi (promessa di pagamento, riconoscimento di debito e promessa al pubblico), non mancano opinioni tese ad ampliare l’elenco ristretto di tipologie di promesse unilaterali, inserendovi all’interno anche altri atti unilaterali, come ad esempio le promesse di garanzia (si pensi alla lettera di patronage). Ad ogni modo, l’art. 58 opererà soltanto nelle situazioni che il diritto italiano ascrive alla promessa unilaterale e non anche in eventuali ipotesi diverse che secondo il diritto di altri Stati rientrerebbero in questa “categoria”.

E cosa succede laddove la promessa sia stata manifestata in modi particolari, ad esempio pubblicamente e in più Stati oppure via internet? Le risposte non sono univoche. Si ritiene che nel primo caso, da considerare sempre in tutti i suoi elementi di fatto, la legge applicabile sia quella di ciascuno Stato nel quale il promittente ha esternato la sua volontà; nel secondo si propende per la legge del paese dove il promittente ha eseguito la pubblicazione per via informatica.

In questa sezione pubblichiamo gli articoli sulla disciplina dell'Unione Europea in merito alle obbligazioni non contrattuali, sul regolamento 864/2007/CEE, sulla responsabilità da fatto illecito, sulla responsabilità per danno da prodotto, sulla responsabilità per concorrenza sleale e limitazione della concorrenza, sulla responsabilità per violazione della proprietà intellettuale, sulla responsabilità per danno ambientale, sulla responsabilità per danni da attività sindacale, sulla responsabilità precontrattuale, sulla responsabilità per incidenti da circolazione stradale, sulle obbligazioni nascenti dalla legge, sulla rappresentanza volontaria, sulla promessa unilaterale, sui titoli di credito.

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Obbligazioni Nascenti dalla Legge nel Diritto Europeo e Internazionale

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 14 Novembre 2015

Finora sono state esaminate fattispecie rubricabili alla categoria “fatto illecito”; ma la responsabilità extracontrattuale non si appiattisce su tutto ciò che riguarda il fatto illecito.

Esistono, ad esempio, altre ipotesi di responsabilità extracontrattuale che la norma italiana di DIP (l. 218/95) disciplina contestualmente includendole tra le c.d. “obbligazioni nascenti dalla legge”. Si tratta di tre ipotesi specifiche che per esigenze di semplicità affronteremo insieme, partendo dalla loro disciplina interna, per poi spostarsi verso quella di diritto dell’Unione europea, ancora una volta prevalente.

Occorre considerarle in un’ottica internazionale, esattamente come accaduto per le varie tipologie di fatto illecito.

Agli effetti della l. 218/95 (art. 61), le “obbligazioni nascenti dalla legge”, oltre alle “obbligazioni legali non regolate dalla legge” sono le seguenti:

  • gestione di affari altrui
  • arricchimento senza giusta causa
  • pagamento di indebito

Per ognuna di queste obbligazioni nascenti dalla legge (sulla cui sostanza civilistica non ci si intende soffermare in questa sede), l’art. 61 l. 218/95 propone lo stesso criterio di collegamento: la legge che dovrà regolarle è quella dello Stato ove si è verificato il fatto da cui deriva l’obbligazione. Solo a titolo d’esempio, se il pagamento indebito l’ho effettuato in Russia, la fattispecie sarà regolata dalla legge russa. Il criterio usato è di immediata comprensione.

Come già fatto presente, però, sulla questione è intervenuto anche il reg. 864/2007/CE. Pur avendo considerato inizialmente la normativa italiana, per razionalizzare meglio l’argomento, valgono le osservazioni mosse ogni volta che il Roma II è stato preso a modello: finché la l. 218/95 e il Roma II si sovrappongono, come in questo caso, il secondo, se sussistono i presupposti per applicarlo (si rinvia all’articolo appositamente dedicato all’argomento) avrà sempre la precedenza sulla prima. E anche per le tre “obbligazioni nascenti dalla legge” che sono state elencate sopra, il regolamento reca una disciplina che, nell’ambito dei rapporti tra soggetti appartenenti a Stati UE, (Danimarca esclusa) dovrà essere osservata derogando, se necessario, alla l. 218/95.

Vediamo le tre ipotesi di “obbligazioni nascenti dalla legge” mantenendole unite.

Appurato che il legislatore europeo ha di fatto incluso il pagamento di indebito nella fattispecie dell’arricchimento senza giusta causa, per entrambe le ipotesi, così come per la gestione di affari altrui (o negotiorum gestio che dir si voglia), il reg. Roma II non si limita all’unico criterio individuato dall’art. 61 l. 218/95, ma ne indica tre in via sussidiaria; tradotto, i tre criteri non sono alternativi, si applica il successivo solo se il precedente non può essere applicato.

  • se la responsabilità extracontrattuale da arricchimento senza giusta causa, pagamento di indebito o gestione per affari altrui si ricollega ad una precedente obbligazione contrattuale o extracontrattuale tra le parti, la legge applicabile sarà quella applicabile a tale ultima ed eventuale obbligazione;
  • se manca una simile previa relazione contrattuale o extracontrattuale tra le parti, ma le parti al momento del fatto che ha dato luogo alla responsabilità extracontrattuale da arricchimento senza giusta causa, pagamento di indebito o negotiorum gestio hanno la residenza nello stesso paese, la legge applicabile alla fattispecie in esame sarà la legge di quel paese;
  • solo se questi primi due criteri non possono essere soddisfatti (perché manca una previa relazione contrattuale/extracontrattuale tra le parti e perché le parti non risiedono nello stesso Stato) si applica il criterio dettato dall’art. 61 l. 218/95: si applica, cioè, la legge del paese ove si è realizzato il fatto, quindi il paese dove la gestione di affari altrui si è svolta, il paese dove il pagamento dell’indebito è avvenuto, il paese dove si è consumata l’azione che ha generato l’arricchimento senza giusta causa;

Restano salvi sia la libera scelta, per accordo tra le parti, della legge regolatrice, sia il “famoso” criterio dell’eventuale collegamento più stretto tra la fattispecie originatasi ed altro Stato diverso da quelli indicati nei tre punti precedenti. Questi due criteri possono tranquillamente rimpiazzare gli altri tre indicati sopra, ma è chiaro che devono sussistere le condizioni per poterli applicare (si rinvia agli articoli in cui si è discusso tale argomento).

Esempio. Io, imprenditore residente in Italia, nello svolgimento della mia attività professionale mi reco in Ungheria e lì pago una somma non dovuta a un imprenditore ivi residente col quale non ho mai intrattenuto rapporti commerciali pregressi. Da quale legge sarà regolata questa fattispecie di pagamento di indebito, idonea a determinare una responsabilità extracontrattuale in capo all’altro imprenditore? In primis, io e la mia controparte possiamo accordarci in merito scegliendo un’apposita legge nazionale; oppure, se la fattispecie presenta un collegamento manifestamente stretto con una legge nazionale, applicheremo quest’ultima. Solo se non procediamo come appena indicato (e poniamo il caso che non si possa o riesca procedere come appena indicato), faremo ricorso ai tre criteri specifici di cui sopra. Esisteva tra noi una previa relazione contrattuale o extracontrattuale? No, quindi passiamo al secondo criterio. Risiediamo nello stesso paese? No, dunque avanti col terzo, che ci impone di applicare la legge del luogo dove il pagamento è avvenuto, che è la legge ungherese (la stessa legge che sarebbe risultata seguendo l’unico criterio disposto dall’art. 61 l. 218/95).

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La Rappresentanza Volontaria nel Diritto Internazionale ed Europeo

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 14 Novembre 2015

Un caso importante, nonché ricorrente di responsabilità extracontrattuale, è quello del danno cagionato dal rappresentante volontario: l’istituto della rappresentanza volontaria si presta a “derive” negative per il rappresentato, pertanto merita di essere approfondito in un contesto più ampio, cioè internazionale.

La rappresentanza di cui si scrive, oltre a sottendere un rapporto internazionale tra due soggetti, va intesa come volontaria e diretta: stiamo affrontando la fattispecie che si origina quando un soggetto, il rappresentato, conferisce volontariamente e con apposito atto ad altro soggetto, il rappresentante, il quale compie atti giuridicamente vincolanti in nome e per conto del rappresentato. In pratica, anche se formalmente è il rappresentante che agisce, nella sostanza è il rappresentato a rimanere vincolato per quanto compiuto dal rappresentante.

La rappresentanza volontaria (e diretta) viene sovente disciplinata in maniera autonoma presso i vari ordinamenti nazionali. Si è tentato di “codificare” l’istituto con accordi internazionali più o meno vasti, ma le sorti di questi sono risultate incerte; l’Italia, ad esempio, per un motivo o per un altro non è ufficialmente vincolata ad alcuna di queste convenzioni multilaterali sulla rappresentanza volontaria. Nemmeno l’Unione europea è riuscita a creare norme comuni per gli Stati membri riguardo alla rappresentanza volontaria, che non compare né all’interno del Roma I né tra i casi regolati dal Roma II.

E allora, la norma di riferimento per la rappresentanza volontaria va rinvenuta nella l. 218/95, precisamente all’art. 60, senza che vi sia bisogno di “tirare in ballo” fonti di ordinamenti diversi per ottenere i criteri di collegamento capaci di identificare la legge applicabile.

L’art. 60 l. 218/95 distingue tra due ipotesi principali, a seconda della veste in cui agisce il rappresentante volontario:

  • se il rappresentante agisce a titolo professionale (es. come agente), la legge applicabile sarà quella dello Stato in cui egli ha la propria sede d’affari;
  • se invece il rappresentante non agisce a titolo professionale (es. un privato che assume tale qualifica in via occasionale per un determinato affare), la legge applicabile sarà quella dello Stato in cui il rappresentante dovrà esercitare i propri poteri in via principale, con la conseguenza che non si potrà prescindere da un’accurata valutazione delle circostanze del caso concreto.

Non si cada nell’errore di pensare che le leggi individuate valgano anche per aspetti che fuoriescono dall’esercizio del negozio rappresentativo: ad esempio, la capacità di agire delle parti, oppure il negozio tra il terzo e il rappresentante, o anche il negozio di gestione non rientrano nel campo di applicazione in senso stretto dell’istituto in considerazione, quindi non vengono necessariamente disciplinati dalla legge dello Stato in cui il rappresentante ha la propria sede d’affari o dello Stato in cui egli deve esercitare i propri poteri in via principale.

Discorso a parte per la forma dell’atto di conferimento dei poteri di rappresentanza. Ai sensi dell’art. 60 della l. 218/95 l’atto sarà valido se la validità risulta dalla legge dello Stato che ne regola la sostanza oppure, dunque in via alternativa, dello Stato ove l’atto dovrà spiegare i propri effetti.

In questa sezione pubblichiamo gli articoli sulla disciplina dell'Unione Europea in merito alle obbligazioni non contrattuali, sul regolamento 864/2007/CEE, sulla responsabilità da fatto illecito, sulla responsabilità per danno da prodotto, sulla responsabilità per concorrenza sleale e limitazione della concorrenza, sulla responsabilità per violazione della proprietà intellettuale, sulla responsabilità per danno ambientale, sulla responsabilità per danni da attività sindacale, sulla responsabilità precontrattuale, sulla responsabilità per incidenti da circolazione stradale, sulle obbligazioni nascenti dalla legge, sulla rappresentanza volontaria, sulla promessa unilaterale, sui titoli di credito.

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Responsabilità per Incidenti da Circolazione Stradale nel Diritto Europeo e Internazionale

Post by Avv. Nicola Ferrante
on 14 Novembre 2015

Un caso frequente di responsabilità extracontrattuale è costituito dagli incidenti dovuti a circolazione stradale. Nella malaugurata ipotesi che ciò si verifichi, è sempre utile sapere come comportarsi in ambito giuridico. Così, nel presente articolo ci si occupa della legge applicabile alla responsabilità extracontrattuale da incidente stradale avvenuto in altro Stato rispetto a quello di residenza del soggetto che l’ha subito.

Tizio, italiano in vacanza in altro Stato, è vittima di un sinistro stradale. La legge italiana troverà applicazione? Altrimenti, quale legge si applica?

La situazione, di per sé, presenta profili di complessità, poiché ogni Stato regola la materia tramite discipline differenti. Come sempre, cerchiamo di individuare la fonte che ci permette di rintracciare il criterio di collegamento volto a condurci alla norma da applicare.

La l. 218/95 tace sull’argomento, per il quale varrebbero le regole generali sul fatto illecito. La l. 218/95, come spesso accade in punto di obbligazioni, è però subordinata all’applicazione di norme di ordinamenti internazionali. Tocca vedere quali sono queste norme.

Gli incidenti da circolazione stradale possono essere ricondotti all’oggetto del reg. Roma II, che risulterà quindi applicabile; tuttavia, ad essi è espressamente dedicata anche una convenzione internazionale, la Convenzione de l’Aja del 1971, della quale, tra l’altro, sono parti alcuni Stati dell’Unione europea. Ne risulta che gli Stati UE che sono parti a questa Convenzione saranno vincolati dalla Convenzione, ma non dal regolamento: prevale, insomma, la fonte internazionale su quella di origine comunitaria.

Rilevato che nessuna delle norme appena viste richiede come requisito costitutivo della fattispecie il danno alla persona, l’Italia (a noi interessano fondamentalmente le situazioni riferibili all’Italia) è membro dell’Unione europea, ma non è parte della Convenzione de L’Aja del 1971. Dunque, se Tizio, italiano, ha un incidente in un altro Stato UE, anche se questo Stato è parte della Convenzione, essa non si applicherà; si applicheranno, invece, le regole generali del Roma II sulla responsabilità extracontrattuale: legge del paese dove si è verificato il danno oppure, se responsabile e danneggiato risiedono nello Stesso stato, legge di quest’ultimo Stato. Tizio ha un incidente in Spagna col signor Banderas, si applica la legge spagnola; Tizio ha un incidente in Spagna con un altro viaggiatore italiano, il sig. Caio, si applica la legge italiana.

Viceversa, se Tizio fosse spagnolo e Caio slovacco, visto che Spagna e Slovacchia sono parti alla Convenzione de L’Aja del 1971, in tal caso sarebbe la Convenzione a prevalere sul Roma II.
Solo per maggiore esaustività, si precisa che la Convenzione de L’Aja del 1971 opta per il criterio del luogo dove si è verificato il fatto che ha causato il danno: trattandosi di sinistri stradali, è davvero difficile poter pensare che il luogo del fatto differisca dal luogo del danno, al punto che si può sostenere che in pratica regolamento e Convenzione portano allo stesso risultato.
E se Tizio, italiano, ha un incidente in uno Stato terzo rispetto all’UE? Non essendo l’Italia parte alla suddetta Convenzione, diverrebbe applicabile la regola generale della l. 218/95 sul fatto illecito: legge dello Stato dove si è verificato l’evento o, a scelta del danneggiato, il fatto, che nel caso in esame equivale a dire legge dello Stato dove si è verificato il sinistro.

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