A cura dell'avvocato Nicola Ferrante e Associati
Si avverte immediatamente che l’argomento dei titoli di credito in diritto internazionale privato implica considerazioni analitiche troppo vaste. L’obiettivo di questo articolo diviene allora quello di fornire gli spunti e le linee guida essenziali sul tema. Ergo, si cercherà di essere il più semplici e concisi possibile.
Di cosa stiamo parlando esattamente? Di quei documenti destinati alla circolazione e che attribuiscono a chi li possiede il diritto di ricevere una data prestazione: ad esempio, il pagamento di una somma, piuttosto che la consegna di una merce.
In quale macro-categoria ritroviamo i titoli di credito? Nelle norme sulla responsabilità extracontrattuale. Poi si intuisce facilmente che non abbiamo a che fare con esempi di fatto illecito, ma con istituti autonomi, benché peculiari.
Dove dobbiamo ricercare le norme che disciplinano i criteri di collegamento sui titoli di credito? Sappiamo che si parte dalla l. 218/95, ma inizialmente ignoriamo…dove si arriva. Di certo, occorre “lasciare da parte” i regolamenti dell’Unione europea più volte ripresi sin ora (Roma I e Roma II): dal campo di applicazione di questi atti i titoli di credito sono espressamente esclusi.
Legge 218/95, dunque. La norma di riferimento distingue tra due categorie di titoli di credito. Da un lato la cambiale, il vaglia cambiario e l’assegno; dall’atro, i cosiddetti “altri titoli di credito”.
Per i primi la legge applicabile sarà determinata dalle disposizioni di due apposite convenzioni internazionali: la Convenzione di Ginevra del 1930 sulle norme di conflitto per cambiali e vaglia cambiari e la Convenzione di Ginevra del 1931 sulle norme di conflitto per assegni bancari. I criteri che portano alla legge di questo o quello Stato sono numerosi e sono prodotti dal contemperamento di altrettante fattispecie attinenti alle materie trattate: pertanto, non si può che rinviare a queste due convenzioni, invitando il lettore a non confonderle con le omonime convenzioni adottate per regolare aspetti materiali dei suddetti titoli; queste ultime sono, in pratica, convenzioni che, in luogo di individuare il criterio di collegamento, dettano già di per sé la normativa da applicare alla situazione concreta.
Passiamo ai secondi, gli “altri titoli di credito”. Tra essi si possono includere, ad esempio, la lettera di vettura e la polizza di carico (già menzionate quando si è parlato dei contratti di trasporto), i titoli di investimento, i titoli obbligazionari, ecc. Una pletora di titoli diversi dai precedenti, che possono comunque essere riferiti alla definizione più usata di titoli di credito (v. sopra).
Per questi “altri titoli” il discorso è relativamente più semplice, almeno in questa sede. Invero, per alcuni di questi titoli esistono convenzioni internazionali “minori” rispetto alle Convenzioni di Ginevra del 1930 e 1931, ma se non vi sono i requisiti per applicarle (ad esempio, se l’Italia non ne fa parte), ci basta attenerci a ciò che comanda la l. 218/95: ci limitiamo all’esame delle disposizioni di rilievo della l. 218/95 per evidenti ragioni di comodo.
Per gli “altri titoli di credito” la disciplina applicabile sarà quella dello Stato di emissione: legge italiana per titolo emesso in Italia, che significa sottoporre alla legge italiana le vicende riguardanti tale titolo, indipendentemente dai paesi in cui si troverà ad essere usato. Dall’obbligazione principale, regolata, appunto, dalla legge dello Stato di emissione, vanno tuttavia separate le obbligazioni diverse che potrebbero originarsi a causa del titolo di credito: queste saranno disciplinate dalla legge dello Stato in cui sono state assunte.
Ecco che allora se la vertenza che mi riguarda ha ad oggetto il titolo in sé dovrò chiedermi: dove è stato emesso il titolo? Di converso, se la vertenza concerne un’obbligazione diversa, sebbene connessa al titolo, la domanda da porsi sarà: dove è sorta questa obbligazione diversa dalla principale (ad esempio, dove è avvenuta la sottoscrizione o dove si è compiuto il fatto che è all’origine del rapporto obbligatorio)?
Un’ultima nota. Per la materia delle obbligazioni extracontrattuali il rinvio sarebbe escluso (se la norma di riferimento mi rinvia alla disciplina sudcoreana, che a sua volta mi rinvia a quella guatemalteca, questo terzo passaggio non sarà più consentito e ci si dovrà fermare prima); ma per i titoli di credito il condizionale è d’obbligo. Dipende dalla fonte normativa che fissa il criterio di collegamento: se è necessario applicare una convenzione internazionale (ad esempio, una delle Convenzioni di Ginevra) e così facendo si incappa in un rinvio, il rinvio deve essere effettuato comunque; se non ci sono convenzioni da applicare, ma è sufficiente riferirsi alla disciplina della l. 218/95 che individua la legge del luogo in cui il titolo è stato emesso (stiamo parlando di quegli “altri titoli” rispetto ai quali non vi sono convenzioni da applicare), allora l’eventuale rinvio non potrà più essere eseguito.
In questa sezione pubblichiamo gli articoli sulla disciplina dell'Unione Europea in merito alle obbligazioni non contrattuali, sul regolamento 864/2007/CEE, sulla responsabilità da fatto illecito, sulla responsabilità per danno da prodotto, sulla responsabilità per concorrenza sleale e limitazione della concorrenza, sulla responsabilità per violazione della proprietà intellettuale, sulla responsabilità per danno ambientale, sulla responsabilità per danni da attività sindacale, sulla responsabilità precontrattuale, sulla responsabilità per incidenti da circolazione stradale, sulle obbligazioni nascenti dalla legge, sulla rappresentanza volontaria, sulla promessa unilaterale, sui titoli di credito.
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